
Una strada di confine, non è chiaro quando lo si attraversa.
Forse dopo l’Alpe Cavazza? Forse prima della cima?

Una strada fatta in due tappe, percorse al contrario: 2 settimane fa Sagno – Bisbino, ieri Vacallo – Sagno. Mi è sempre piaciuto partire dal poi. Leggere l’ultimo capitolo del libro, mangiare la frutta prima del pasto ed il dolce prima dell’aperitivo, farsi raccontare l’ultima scena dei film, fare i figli prima di sposarmi.
Il sentiero è suggestivo, un bosco fitto, castagni e faggi, tantissimi funghi punteggiano il sentiero, fanno venire in mente storie di gnomi e di Guinnes.
Le nostre vacanze irlandesi quest’anno sono saltate, come tanti altri progetti/viaggi/incontri, ma non possono essere certo questi i cambiamenti che ci spaventano. È stata infatti in ogni caso un’estate ricca, intensa, fatta di tempo insieme e di tempo per pensare. E per ricordare.


Il confine è tema ricorrente, la sua definizione un’impresa che rimanda il mito di Sisifo, inutile ma ineluttabile. E non è nemmeno così importante conoscerne la causa.
Qual è il confine fra destino e colpa? Fra giusto e riprovevole? Fra etico ed egoista? Fra congelarsi e vivere? Fra amore e possesso? Fra sogno e speranza?
Molto più semplice cercare quello fra Italia e Svizzera, che però non mi interessa particolarmente, e per fortuna al rifugio accettavano la carta di credito, così non abbiamo avuto problemi di moneta e ci siamo potuti godere una squisita merenda.
In questi mesi abbiamo camminato tanto, Valtellina, Germania, Grigioni.
Ogni gita una tessera di puzzle, a volte alcune si incastrano,
come alle cascate della Roffla, dove sembrava di essere accompagnati dal sorriso di mio padre, mentre ci immergevamo rapiti nella storia di un uomo, del suo lavoro e della sua fatica caparbia, o come al Ghiacciao dei Forni, dove la notte sono rimasta incantata ad osservare la luce irreale che si vedeva dalla nostra finestra al rifugio pensando che davvero il tempo non esiste,
Forse si misura in attimi di bellezza assoluta, splendore eterno, irraggiungibile.
La lista delle parole di questa contemplazione è ben più lunga, ma il senso è che
Tu
Sei qui.
L’importanza degli attimi splendenti che emergono anche nell’angoscia e nel dolore è così chiara, così universale, eppure spesso mi coglie di sorpresa quando si mostra e si svela, come nel discorso di Bruno, ieri, al funerale di Franco.
Vale sempre la pena, quando si lascia amore intorno.
E mi ricorda che, come mi hanno sempre insegnato col loro esempio i miei genitori, l’amicizia esiste.
[…] Non son razza padrona, non sono gente arcigna,
Siamo volgari come la gramigna.
Non so se è pregio o colpa esser fatti così:
C’è gente che è di casa in serie B.
Contandoli uno a uno non son certo parecchi,
Son come i denti in bocca a certi vecchi,
Ma proprio perché pochi son buoni fino in fondo
E sempre pronti a masticare il mondo. […]
gli amici, FGuccini
(senza bisogno di traduzione e declinandolo solo al femminile perché gli uomini che amo non amano le citazioni, alle amiche rimaste, mia cugina le mie cognate, sorella che ha cantato per noi l’ultima notte, le autrici di libri che mi hanno accompagnata all’inferno senza ritorno, madri incrociate in sala d’aspetto, sorelle di scrittura lettura e teatro, parole che generano e silenzi sorelle)