26-27/10/2019 Val D’Aveto. Anello del Groppo Rosso e Transumanza da Torrio

La Val d’Aveto in questa fine ottobre bollente e luminosa è ricoperta di distese rosse e macchie gialle, alberi che si spogliano e tappeti fruscianti di foglie secche da sollevare con gli scarponi per farli volare e nei quali Lexa sembra nuotare.

Siamo arrivati a Santo Stefano d’Aveto venerdì sera, sfiniti da una settimana di lavoro pesante ma troppo desiderosi di svegliarci già in montagna per aspettare sabato mattina a partire.

L’idea di questo fine settimana sull’Appennino ligure è partita dal desiderio di vedere domenica la transumanza, le mandrie che da Torrio vengono portate a Santo Stefano per l’inverno.

Una festa collettiva,

Colazione del transumante: focaccia e lardo

dove del sapore antico resta non molto e che rende il paese troppo simile ad un centro commerciale per essermi godibile. Appena giunta in piazza, dopo vari km dietro alle mucche, ho iniziato a sentir l’aria mancare. Abbiamo attraversato la folla di corsa, in una fuga che ci ha fatto sentire protagonisti di una escape room ed alla fine ci ha però regalato un pranzo al rifugio del lago nero davvero delizioso.

Sabato invece è stata una giornata bellissima. Avevamo voglia di camminare, ed abbiamo camminato molto. Anche più del previsto.

Anello del Groppo Rosso, da Rocca d’Aveto. Un sentiero magnifico, nel bosco  profumato di funghi ed illuminato dai riflessi degli abeti e dei faggi.

La strada è bella, con una salita dolce di 500 mt circa, arrivare alle tre cime del Groppo Rosso non è stato faticoso,

ci siamo riposati un po’ nei pressi del rifugio ASTASS (vale più di tanti discorsi un luogo dove il concetto di importanza della solidarietà si fa concreto. Olio, carne in scatola, tonno, bustine d magnesio ed acqua a disposizione, un tavolo ed un soppalco, ed una targa in ricordo di qualcuno che amava la montagna ed ha lasciato un segno nel cuore dei suoi cari).

E’ già pomeriggio inoltrato quando ci approcciamo al rientro. Che fare? La strada già fatta o la deviazione (il famoso anello che in questo caso, è bene anticiparlo, non è riuscito col buco) che una signora del posto ci ha spiegato così bene?

Non posso resistere al richiamo della Valle Tribolata, che nella seconda ipotesi avremmo dovuto percorrere. Claudio non era convinto, ma non si è opposto. Non si è opposto abbastanza.

Risultato? Ci siamo persi, abbiamo camminato circa un’ora e mezza in più e aumentato di una discreta percentuale il dislivello fatto.

Non ho idea di dove siamo andati a finire, la Valle Tribolata si affacciava suggestiva fra i tronchi quando il bosco si apriva, ma la via non portava a casa.

La mia teoria che finché si scende va bene si è scontrata ad un certo punto con l’evidenza e Claudio mi ha “convinta” a risalire fino al bivio già conosciuto.

Il rientro ha necessitato le frontali per riattraversare i boschi. La difficoltà ci ha impedito di parlare troppo, l’umore generale è stato gestito da un PiccoloSaggio inizialmente non molto tranquillo che cercava di riportare i suoi bellicosi genitori alla calma.

Claudio: no, non sono arrabbiato con te, ma con me per non essere abbastanza autorevole quando ti intestardisci.

Amore, è solo perché siamo abbastanza vecchi entrambi da sapere come andrebbe a finire se ti mettessi storto quando io sono ispirata da strade alternative.

(e sulla perversione di percorrere le strade sbagliate mi fermo, perché a nessuno mai interessano troppo le mie riflessioni a tal proposito)

 

Siamo rientrati in albergo sfiniti ma soddisfatti (Davide: brava famiglia, siete stati bravi. La mamma merita dieci con le lodi in orientiring!!!). Dopo lo sforzo diplomatico e la gestione dell’iniziale spavento dato dall’aver smarrito la strada, Davide si è addormentato con la testa accanto al piatto degli spaghetti, io faticavo a tenere gli occhi aperti e la Lexa non abbaiava nemmeno per avere del cibo.

Come si dorme bene in montagna!

 

Torniamo a casa domenca pomeriggio, in tempo per i compiti e prepararmi alla partenza di lunedì per Cracovia. Davide ovviamente ha deciso di trasferirsi da zia a dormire, mentre sono via.

Carica di vestiti, biglietti d’amore e senso di colpa, liquido per la verruca (ancora non debellata, ma venceremos) e bisogno di essere rassicurata che posso resistere 4 giorni da sola, sono dunque passata da zia prima di cena.

Davide era passato da lei prima di vedere i biondi cugini. Zia mi ha riferito questa conversazione del pomeriggio.

Davide: lo sai che la mamma domani va in Polonia?

Zia: come mai?

D.: a pregare

Zia: a pregare? E perché deve andare in Polonia a pregare?

Davide: perché va a pregare dove c’è stata la guerra.

Per fortuna zia ha evitato di proseguire il confronto di realtà.

Ecco, questa è la dimostrazione che, oltre a non capire bene io stessa perché ho deciso di passare i giorni di recupero faticosamente accumulati da sola a Cracovia, per andare ad Auschwitz e Treblinka , non sono riuscita a confezionare alcuna spiegazione valida per Davide, il quale dai miei farfugliamenti se ne è montata una sua.

Meditare = pregare? E camminare da sola = meditare?

Potevo spiegargli il significato di catarsi? (magari dopo averlo compreso io)

Olocausto vs guerra o i conflitti si equivalgono?

La banalità del male. Sempre? La scala i misura del Male.

Insomma, un’insalata psicotica delle meglio farcite.

 

Ivana, una cara amicacollega di recente conoscenza (ma sarà mai possibile Eva sentire davvero ciò che è iniziato dopo di te? Non lo so mai), mi ha scritto una frase di Tarkowsky (del quale avevamo visto non so più quale film ad un cineforum junghiano):” in verità, il viaggio attraverso i paesi del mondo è per l’uomo un viaggio simbolico. Ovunque si vada è la propria anima che sta cercando. Per questo l’uomo deve poter viaggiare”

Cercare vs trovare, per condire ancora un po’ l’insalata di cui sopra.