Lunedì 24.08.2017
Ieri notte sono arrivati i Cugini.
Davide dormiva beato nella cameretta, noi 4 grandoni (“sai, saprò correre quando sarò grandona come te e sarò mamma”) abbiamo passato la notte in sala, guardando l’incantato paesaggio fuori dal balcone e chiacchierando.
Migliaia di chilometri ci separano dal Padrino, ci vediamo un paio di volte l’anno, eppure poche persone sono vicine come lui.
È stato bello e dolente.
È stato molto vero.
Stamattina pioveva a dirotto, ma noi impavidi (o forse terrorizzati all’idea di tenere un’intera giornata il PoetaGuerriero in casa?) siamo andati sui prati all’arrivo della seggiovia a giocare a calcio.
Zia Paola, donna lungimirante e dotata di una sensibilità che rasenta la telepatia, aveva portato il pallone di cuoio.
Ci siamo bagnati fino alle mutande, eravamo solo noi 4 (cugino doveva rispondere alle mail del lavoro…) in un grigio senza dimensione.
Non sempre si piange sotto la pioggia per codardia.
Il pomeriggio c’è stata una bellissima schiarita.
La Padrina era alle prese col virus, ma noi 4 senza ospite abbiamo fatto un giro ad anello per la Valle di Rezzalo.
Abbiamo iniziato la nostra passeggiata dalla strada del Gavia, e ci siamo lasciati incantare dal paesaggio, aperto, deserto, stra-lunare.
Camminare nelle ore che precedono il tramonto aggiunge un senso di irrealtà al paesaggio, sono momenti di silenzio, di riflessione, di speranza. La speranza che sentirla accanto non sia solo illusione.
La speranza che le lacrime non feriscano troppo profondamente il mio PoetaGuerriero.
Il giro che lo zio d’America ci ha fatto fare (è lui la nostra guida indiscussa) è stato circolare, passando per il passo dell’alpe e salendo lungo una scalinata che portava alle trincee della prima guerra.
Le stelle alpine che Davide ha trovato vicino alle caverne dei soldati sono state una nota di dolcezza e pace.