Ci sono luoghi che hanno un potere proprio, potrebbe essere la memoria delle pietre. O forse risuonano con una parte dell’anima e solo nel tempo si riesce a decifrare bene ciò che suggeriscono.
La prima volta a Vals ci andai con Marco e Andrea, non ricordo quando; facevo l ‘università, o già lavoravo? Ora che ci penso dev’essere stata la volta che sono venuti a prendermi a Palazzo Panorama, clima spensierato e dalle sfumature maniacali, e durante il viaggio i commenti sulle indicazioni stradali che avevano ricevuto dalla Maito’ per raggiungermi ci fecero ridere tanto da stare male.
Poco dopo ci andai con Claudio, ben prima che l’idea famiglia si facesse strada nelle nostre immaginazioni. Un week end bellissimo di terme e relax, la montagna sullo sfondo come particolare gradito ma quasi superfluo.
Ci siamo tornati tre giorni fa, per due notti, da soli, in quanto Davide inizia a percorrere nuove rotte ed è andato a Parigi con la nonna a trovare cugino e zii.
Siamo stati alle terme, ovviamente, e come la prima volta ne sono rimasta incantata e rapita, luogo perfetto per una lunga seduta di watsu del risveglio, nella vasca esterna con le montagne a proteggere l’in-coscienza; abbiamo letto sulla terrazza dell’albergo scaldati da questo incongruo solo autunnale che non vuole cedere il potere all’inverno, abbiamo cenato fuori e ci siamo persi nell’illusione di non aver vincoli di tempo.
E poi abbiamo camminato. Dopo cena, al risveglio, e diverse ore ieri, prima di ripartire.
La montagna sempre più mi sembra l’unica risposta possibile al silenzio del Fato.
Cosa resta delle nostre domande? Nulla, ma in alto e in solitudine questo silenzio mi sembra più sopportabile.
Panoramaweg, 2 Std. Da Vals, 1254 mt, siamo saliti con la cabinovia a Gadastatt, 1800 mt, e, percorrendo un sentiero dai colori fiammanti, fra tappeti di mirtilli e alberi orgogliosi, siamo arrivati a Frunt, 1990 mt. Indecisi se tornare o proseguire abbiamo ascoltato il richiamo della diga, per arrivare a Zevreila. Le dighe mi terrorizzano nel loro potere ipnotico e nella loro forza d’attrazione. Questa l’abbiamo attraversata con calma, accecati dalla luce riflessa e dal canto delle cascate che pettinano la montagna.
Le suggestione delle pietre ci ha accompagnati due giorni, i cristalli dell’albergo, quelli presi per Davide a Frunt, la quarzite delle terme e delle case del borgo, la luminosità della polvere.
Tornati a casa, ieri sera, ci siamo messi sul divano a leggere e guardare il tramonto sulle cime che si intravedono lontane e magnifiche dalla nostra finestra.
Ho finito “La zona d’interesse”, di Martin Amis. Nulla come il male è banale e senza la possibilità di spiegazioni compensatorie.
Prima di andare a letto abbiamo sentito Davide al telefono.
Felice e spensierato, esattamente come dovrebbe essere un bambino di 8 anni. So che anche per il resto della nostra famiglia non è facile, in qualche modo ognuno di noi aveva fatto dei progetti diversi, per il futuro che stiamo vivendo (amore mio, quando sarai grande e studierai a Parigi coi tuoi fidanzati, mi lascerai venire a trovarti? Mi chiedo ora se immancabilmente sorridevi senza rispondermi perché sapevi ciò che non si poteva guardare).
No, non è per nulla facile, per nessuno.

(ma ora che aspetto Davide agli arrivi di Malpensa, posso per un attimo smettere di impazzirci)