Vals, un fine settimana d’ottobre, 2019

Ci sono luoghi che hanno un potere proprio, potrebbe essere la memoria delle pietre. O forse risuonano con una parte dell’anima e solo nel tempo si riesce a decifrare bene ciò che suggeriscono.

La prima volta a Vals ci andai con Marco e Andrea, non ricordo quando; facevo l ‘università, o già lavoravo? Ora che ci penso dev’essere stata la volta che sono venuti a prendermi a Palazzo Panorama, clima spensierato e dalle sfumature maniacali, e durante il viaggio i commenti sulle indicazioni stradali che avevano ricevuto dalla Maito’ per raggiungermi ci fecero ridere tanto da stare male.

Poco dopo ci andai con Claudio, ben prima che l’idea famiglia si facesse strada nelle nostre immaginazioni. Un week end bellissimo di terme e relax, la montagna sullo sfondo come particolare gradito ma quasi superfluo.

Ci siamo tornati tre giorni fa, per due notti, da soli, in quanto Davide inizia a percorrere nuove rotte ed è andato a Parigi con la nonna a trovare cugino e zii.

Siamo stati alle terme, ovviamente, e come la prima volta ne sono rimasta incantata e rapita, luogo perfetto per una lunga seduta di watsu del risveglio, nella vasca esterna con le montagne a proteggere l’in-coscienza; abbiamo letto sulla terrazza dell’albergo scaldati da questo incongruo solo autunnale che non vuole cedere il potere all’inverno, abbiamo cenato fuori e ci siamo persi nell’illusione di non aver vincoli di tempo.

E poi abbiamo camminato. Dopo cena, al risveglio, e diverse ore ieri, prima di ripartire.

La montagna sempre più mi sembra l’unica risposta possibile al silenzio del Fato.

Cosa resta delle nostre domande? Nulla, ma in alto e in solitudine questo silenzio mi sembra più sopportabile.

Panoramaweg, 2 Std. Da Vals, 1254 mt, siamo saliti con la cabinovia a Gadastatt, 1800 mt, e, percorrendo un sentiero dai colori fiammanti, fra tappeti di mirtilli e alberi orgogliosi, siamo arrivati a Frunt, 1990 mt.  Indecisi se tornare o proseguire abbiamo ascoltato il richiamo della diga, per arrivare a Zevreila. Le dighe mi terrorizzano nel loro potere ipnotico e nella loro forza d’attrazione. Questa l’abbiamo attraversata con calma, accecati dalla luce riflessa e dal canto delle cascate che pettinano la montagna.

Le suggestione delle pietre ci ha accompagnati due giorni, i cristalli dell’albergo, quelli presi per Davide a Frunt, la quarzite delle terme e delle case del borgo, la luminosità della polvere.

Tornati a casa, ieri sera, ci siamo messi sul divano a leggere e guardare il tramonto sulle cime che si intravedono lontane e magnifiche dalla nostra finestra.

Ho finito “La zona d’interesse”, di Martin Amis. Nulla come il male è banale e senza la possibilità di spiegazioni compensatorie.

Prima di andare a letto abbiamo sentito Davide al telefono.

Felice e spensierato, esattamente come dovrebbe essere un bambino di  8 anni. So che anche per il resto della nostra famiglia non è facile, in qualche modo ognuno di noi aveva fatto dei progetti diversi, per il futuro che stiamo vivendo (amore mio, quando sarai grande e studierai a Parigi coi tuoi fidanzati, mi lascerai venire a trovarti? Mi chiedo ora se immancabilmente sorridevi senza rispondermi perché sapevi ciò che non si poteva guardare).

No, non è per nulla facile, per nessuno.

Auguri, zio Anda

(ma ora che aspetto Davide agli arrivi di Malpensa, posso per un attimo smettere di impazzirci)

 

Lago di Giacopiane 


19.08.2017
Lago di Giacopiane
Siamo agli sgoccioli delle vacanze al mare coi nonni. 

Non so come abbiamo fatto a trovare il modo di ricostruire una quotidianità serena, mi stupisco appena mi fermo a pensarci, e sento una botta di colpa ed angoscia.

Poi guardo Davide, che è stella polare forte ed esigente, sensibile e poetica, e mi faccio portare dal sentire del momento, cercando la saggezza dell’attimo e della storia. 

La stessa saggezza con la quale Eva ci ha traghettato nella palude, costringendoci a non affondare.
La casa del mare è la casa dell’ultimo periodo di Eva, legata a tanti momenti indimenticabili, nei quali risuona la forza del nostro stare caoticamente insieme, potente come i temporali a Punta Chiappa (amore, ti continua a fare ridere?).
Come ultima gita ligure Claudio ha deciso di portarci al lago di Giacopiane. Si tratta di un invaso artificiale, situato a circa 1000 m di altitudine, nel Parco dell’Aveto.

Per creare il lago che abbiamo visitato a Ferragosto, quello del Brugneto, sono state sommerse due frazioni, Frinti e Mulini di Brugneto. Una manciata di case, ma camminando nel silenzio immaginavo di ascoltarne le voci.

Qui le voci che sentiamo continuamente sono quelle dei campeggiatori, che occupano tutto il perimetro del lago, lasciando indifferenti abbondanti tracce della loro presenza. 
Non so cosa sia oggi a non incastrarsi nella nostra voglia di camminare, soprattutto nella mia. Mi sento affaticata e stanca, decidiamo di rinunciare al progetto iniziale, ovvero di percorrere l’Anello delle Moglie, e di goderci con molta calma il bellissimo giro del lago, qualche chilometro di sterrata, alternando la strada alla riva, dove i due insigni Maestri mi hanno elargito lezioni di rimbalza la pietra sull’acqua. Alla fine mi sono trovata relegata al ruolo di cercatrice di pietre piatte.


La vegetazione, pur nella secchezza di questo agosto implacabile, era molto varia e affascinante, soprattutto alcuni salici dalle radici fantasiose, e macchie di erica incantevoli.
Accanto all’acqua, libero di esplorare e perdersi nei suoi mondi fantastici, il PoetaGuerriero trascorre un tempo ricco e gratificante.


Anche Claudio si rilassa, prendendosi il gusto di fare fotografie curate e di raccontarci storie partigiane.

Lexa si riposa all’ombra, sazia di libertà e corse.


Io cerco nella natura quel senso che la morte di Eva mi ha tolto ed allo stesso tempo, inspiegabilmente, promesso.


Una mandria di cavalli selvaggi pascola poco lontano da noi. Davide li fotografa, mi parla di un libro appena letto, l’ultimo dei Mohicani, una storia che lo affascina molto, nella sua potenza non consolatoria.


Io ho più presente il film e sì, posso ancora vedere la bellezza che splende pur non diminuendo il dolore.
“Grande Spirito, e creatore della vita, un guerriero va a te, veloce e dritto come una freccia lanciata nel sole. Da lui benvenuto, e lascia lui prendere posto in Gran Consiglio di mio popolo. È Uncas, mio figlio. Dì lui di essere paziente, e da’ a me una rapida morte, perché loro sono tutti là, meno uno, io, Chingachgook, l’Ultimo dei Mohicani.