Rifugio Mongioie


4/6.08.2017
Pieve di Teco è un posto d’anima per me e Claudio, legato a momenti belli ed importanti della nostra tortuosa relazione.

È casa, un porto sicuro dove i miei fratelli ed io sapevamo di stare bene, di stare insieme, quando le nostre vacanze erano in famiglia e, cresciuti, quando si incrociavano fra i vari spostamenti.

È un posto della memoria, per i miei genitori, i miei nonni, noi nipoti. La memoria non sempre è legata ad eventi felici, spesso si bagna di lacrime, ma è ciò che ci sostiene nella strada.
Venendo a pieve venerdì sera mi sono resa conto di quanti ricordi con Eva abbiamo, anche qui, anche se negli ultimi tre anni per ragioni che non ricostruisco non siamo venuti.

Eva e Davide in terrazza nella piscinetta, Eva che mette lo smalto con mia cugina Beatrice, Eva che passeggia sotto i portici, Davide ed Eva a Nava, sui prati o a cavallo, a fare il bagno al fiume, a giocare in spiaggia a Imperia.
Eva e Davide sul Mongioie. Due volte, a piedi, da sola. A volte mi sembra impossibile ricordarla camminare indipendente, anche per questo avevo così voglia di fare questa gita. Di dormire al rifugio che più di tutti mi parla di lei, non l’unico dove abbiamo dormito ma l’unico dove abbiamo dormito dopo esserci arrivati a piedi.
Siamo partiti sabato mattina da Viozene.

Noi 3 (4), Eleonora, lo zioPaolo, la zia Franci, i magnifici cugini biondi e Tommaso, il fidanzatino di Eva finché è andata a scuola,


 coi suoi genitori, Raffaella e Pierluigi.


La salita al rifugio è breve, meno di un’ora, ma partendo quasi a mezzogiorno sotto il sole ci è costata qualche sforzo in più.

A metà circa del bosco, ma l’indicazione temporale vale poco, vi è una piccola edicola con una statuina di Maria. Ricordo benissimo Eva raccogliere dei fiori da posarvi accanto. Oggi Davide ha posto due pigne ed un sasso a cuore.
Usciti dal bosco ci accoglie il pascolo di Pian Rosso, vuol dire che siamo al rifugio!
Il pranzo è al sacco, erano anni che non mangiavo la pizza della “francese” (uno dei panifici di Pieve, il mio preferito per pizza e focaccia: ognuno ha la sua specialità) e la trovo come sempre squisita.
Ci riposiamo sulle sdraio mentre i bimbi grandi giocano e si arrampicano. Davide e Tommaso sembrano trovare una buona intesa. Ne sono felice, anche perché da settembre, quando Davide inizierà la prima, si vedranno ogni giorno.

Diego e Marco fanno il riposino in stanza, quando si svegliano lo zio Paolo ci porta alla Ri-sorgente delle Vene. 

Eviterò accuratamente di entrare nel merito di una spiegazione dei fenomeni carsici, so solo che incontriamo un folto gruppo di speleologi scendendo, a testimoniare l’interesse che suscita il territorio. Noi ci teniamo sulla crosta della terra. Io così attaccata che quando giungiamo al ponte sospeso sopra la sorgente faccio dietrofront per non vedere Davide attraversare.


Per fortuna il padre è più coraggioso della madre. In ogni occasione.


La notte in rifugio profuma di fuoco e prato, risplende di stelle e delle lampade frontali che I bimbi usano per esplorare i dintorni con tanta trepidazione e la sicurezza di avere sempre la protezione e la guida dello zioPaolo. Mio fratello è un uomo che porta con naturalezza le sue cicatrici e la sua forza, fra le cui braccia stanotte sarebbe facile abbandonarmi al pianto, ma non posso. Resto una madre di famiglia con un figlio che mi guarda attentamente, che necessita di risposte lucide.
In questa notte che risuona della musica ipnotica di un corno e di una campana, il mio dolore si fonde più che mai con quello di Claudio, ma allo stesso tempo sentiamo di avere la forza e la follia per resistere, per provarci ancora.


Le parole sono basse, quasi nessuno volesse interrompere la magia. Mi ritrovo sulla panca fra Eleonora e ziaFranca. Le parole qui non servono. Condividiamo la stessa emozione.
Ci ritiriamo in camerata, ma Davide decide di stare fuori con zii e cugini ancora un’ora. Gli scout davanti al fuoco raccontano le loro magnifiche avventure di dodicenni, il giorno dopo le conosco anche io nei dettagli.
La domenica è breve. Iniziamo la salita al Pian dell’Olio, ma ne facciamo circa metà perché d’improvviso piove. 

Un diluvio finto, ma ormai abbiamo preso la via del ritorno. Dopo pranzo scendiamo verso il paese.
Avevamo portato una conchiglia colorata da Eva da lasciare sulla cima del Mongioie. L’impresa è stata impossibile, sarà per un’altra volta. Davide la lascia vicino alle sue pigne accanto alla statua della Madonna col Bambino.

Poco dopo mi porge un sasso da portare a Santiago. I legami non si sciolgono.

4 pensieri riguardo “Rifugio Mongioie”

  1. Piango ogni volta che vado in un posto nuovo, ma anche non.
    Piango perchè Eva non è fisicamente con me.
    Peró non sono triste: la porto ovunque vado e le mostro il mondo che vivo. Mai solo, anche se nessuno a volte mi fa fisicamente compagnia.
    Presto salirà in vetta al Mongioie, e su altre cime
    Mi fa sempre compagnia.
    Vive in Davide e i suoi cugini/e
    Vedremo ancora un sacco di posti. Sempre assieme. Io loro, mia (futura) moglie e le mie cicatrici … Eva ne è una, indelebile.
    Ti amo mia sorridente ringhiosa nipote

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    1. Mi hai fatto commuovere fino alle lacrime il Marito (e sai che è un’impresa non da poco). Dovevi darmi tempo per prepararlo al fatto di avere due cognati Poeti (zioAnda aveva già mostrato in Chiesa, anche se non era necessario perché le indossa ogni giorno, le sue doti letterarie ispirate dalla Nipote).

      Ti voglio bene, essere sensibile travestito da Thor.

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